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Due chiacchiere con: Maurizio Bellin

Due chiacchiere con: Maurizio Bellin

Abbiamo iniziato con un foglio di carta bianco e una voce fuori campo. Maurizio, da appassionato di bici, ci ha raccontato il suo primo contatto con il ciclismo. Un amore coltivato fin da bambino. Da manager “esperto”, ha condiviso con noi la sua visione di questo particolare mercato. Da uomo prodotto, ci ha svelato alcuni retroscena sull'evoluzione della #bici, la Pinarello Crossista F che ha portato Tom Pidcock alla maglia iridata nel ciclocross.

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Bike-room: Benvenuto in Bike-room, presentati e datti tre aggettivi che ti contraddicono.

Mi chiamo Maurizio Bellin, lavoro alla Cicli Pinarello come Chief Of Operations, e tre aggettivi che mi definiscono….wow partiamo subito forte, non ero preparato. Quindi: determinato, intraprendente e irriverente.

Bike-room: ci piacciono molto queste risposte. Innanzitutto grazie per essere venuti e per aver accettato l'invito. Partendo da questi tre (eccezionali) aggettivi possiamo andare un po' a scandire il tuo “percorso” di essere umano e di ciclista. Allora la domanda è: quando è avvenuto il tuo primo contatto con il ciclismo, con la bicicletta stessa, e quando hai capito che la bici sarebbe stata la tua vita?

Questo è un aneddoto speciale che mi sta davvero a cuore. Anzi, ti ringrazio per avermelo chiesto perché mi fai tornare indietro di tanti anni. Ricordo che avevo sei anni e con la mia bici BMX giocavo a colpi. Stavo pedalando sul vialetto del cimitero della mia città natale, insieme a mia nonna, seduta sul ciglio della strada. All’improvviso mi si è avvicinato il direttore sportivo di una squadra ciclistica locale e mi ha detto: “Ma perché sei qui tutto solo a fare sprint, vieni con noi”. Mi hanno regalato una bicicletta e ho iniziato subito a correre. Ricordo che presto arrivarono le prime vittorie tra cui (e lo dico con estremo orgoglio) la conquista della maglia di campione Lombardia Minicross. Perché in quel periodo sei partito dal Minicross da bambino. Da quel momento, fino all'età di 24 anni, ho continuato a pedalare, seguendo tutta la linea della carriera agonistica.

Bike-room: da questa prima risposta emerge subito che sei determinato, come ti definivi perfettamente. Attributi che ti hanno portato ad approdare tra i professionisti. Prima di parlare della tua carriera da manager nel settore ciclistico, vorremmo invece parlare del tuo lato irriverente, quello “fumoso” (come ci dicono alcune fonti che non possiamo rivelare). Ricordi un aneddoto o vuoi condividere con noi un episodio particolare della tua carriera da Pro che illustra al meglio questo lato di te? Al di là delle vittorie e della competitività.

Oddio, per un aneddoto forse dovremmo dedicarci un intero episodio della serie! Non ho un aneddoto particolare, però ricordo bene le parole di uno dei presidenti della squadra quando avevo 18 anni. Ci ha detto: “ragazzi ricordate, grande serietà e grande impegno. Ma non dimenticare che hai un’età che non tornerà mai più”. Ecco, forse ho preso anche un po' troppo sul serio questo consiglio…(Maurizio ride).

Bike-room: Ora parliamo del tuo tempo nel ciclismo professionistico. Com'è stato e quando hai deciso e, soprattutto, hai capito che era il momento giusto per appendere la bici al chiodo? E quando hai capito che la bicicletta sarebbe sempre stata il centro della tua vita personale e professionale?

Così sono diventato professionista a 22 anni, che era l’età giusta per l’epoca in cui correvo. Oggi alle 22 vincono il Tour de France, ma questa è un'altra storia. Con il passaggio al professionismo ho capito subito quanto impegno sacrificio dedizione fosse fondamentale per essere competitivi. Da parte mia, sono arrivato tra i professionisti sicuramente più grazie al mio talento che alla dose di duro lavoro. Devo ammettere che negli anni successivi sono arrivato a questa consapevolezza e l'ho ammesso a me stesso. Chiaramente la grande mole di lavoro che ho dovuto svolgere ha fatto sì che sicuramente il bilancio complessivo della mia carriera fosse “compromesso”. Quindi avendo realizzato il mio sogno da bambino, (in prima elementare il mio compagno di banco voleva fare l'astronauta, l'OTHER credo un pilota di formula… e io volevo correre la Milano Sanremo) che era correre la Milano Sanremo mi sono sentito per certi aspetti , arrivati ​​alla fine di un percorso. Era giunto il momento di iniziare un “nuovo viaggio” dove il talento non sarebbe bastato, ho deciso che “il mondo del lavoro era pronto per me”.

Bike-room: ci offrite spunti di riflessione sicuramente interessanti. Il percorso che hai intrapreso non è insolito nel settore della bicicletta. Ma nel tuo caso specifico è un esempio di come la perseveranza di cui parlavi, unita al talento evidente anche in ambito manageriale, ti hanno permesso di approdare a Pinarello. Puoi descrivere la scalata che ti ha portato a ricoprire un ruolo chiave in una delle aziende leader nel mondo del ciclismo?

Prima di rispondere, voglio affrontare la prima parte di questa domanda. Perché dopo aver preso la decisione di smettere di correre, ho letto molto e ho ritrovato quelli che sono aspetti che ho maturato nello sport professionistico, quindi di altissimo livello, molto consistenti anche nel mondo degli affari e del lavoro in generale. La grande determinazione, sapersi muovere con il lavoro di squadra, e soprattutto la pianificazione per raggiungere l'obiettivo. Questo filo conduttore che dallo sport ho applicato nel mondo del lavoro mi ha permesso come detto sì di crescere molto anche in modo quasi inaspettato. Perché questi valori che porto dentro di me fin dall'età di sei anni quando ho iniziato, sono emersi in modo naturale e automatico come se fossero impressi nel mio DNA. Non mi sono reso subito conto di come questi valori, abbiano poi influenzato in maniera evidente, tutto il mio percorso. Un percorso che mi ha visto per 13 anni in FSA Europe (azienda alla quale sarò per sempre grato) prima come venditore, poi come direttore commerciale, ed infine come direttore generale. Gli stessi valori che poi mi hanno permesso di approdare a Pinarello. Sono ormai due anni che lavoro in Pinarello in un ruolo dedicato al prodotto, al suo sviluppo e all'industrializzazione. Quindi sì, da quella strada del cimitero con la BMX, di strada ne ho fatta, e sempre grazie alla bicicletta.

Bike-room: ora invece una domanda specifica. Girovagando per il web abbiamo trovato una bellissima immagine sul tuo profilo Instagram dove c'è una lavagna. Che poi è una specie di lavagna che simboleggia il tuo viaggio. La foto ritrae Tom Pidcock, il campione del mondo di ciclocross. Sotto questo scatto c'è una bellissima didascalia che recita "dal lenzuolo bianco alla maglia iridata". Ecco secondo noi questa foto e la sua descrizione semplificano un po' ciò di cui abbiamo parlato. La domanda è anche un po’ provocatoria. Non ti sei sentito nei confronti di Tom la guida che non solo ha sviluppato il prodotto ma ha anche permesso quella fusione di talento, passione e dedizione che lo ha poi portato alla vittoria del campionato del mondo?

Innanzitutto ci tengo a precisare che non lavoro da solo ma ho un team di ricerca e sviluppo composto da cinque ingegneri che per me sono fondamentali e ovviamente per quello che riguarda il prodotto, ma soprattutto siamo guidati da Fausto Pinarello . Quindi insieme a loro mi sono sentito più come uno chef che con il suo cliente chiedeva espressamente gli ingredienti con cui voleva un piatto, con i requisiti per lui. Ci siamo riusciti perché siamo partiti davvero da un foglio di carta bianco, dal suo feedback diretto. Vorrei aprire una parentesi. All'epoca dei primi incontri non sapevamo chi fossero i suoi avversari ai mondiali ma ovviamente i suoi avversari oltre agli specialisti, si chiamano Wout van Aert e Mathieu van der Poel e per Tom era fondamentale ed è fondamentale sviluppare quella fase della corsa in cui è nettamente più forte di loro, la corsa. Nelle gare di ciclocross infatti ci sono dei segmenti, sia che siano scale, sia che siano fango… dove i ragazzi si caricano la bici in spalla e corrono. Qui in questi segmenti Tom è molto più forte di tutti i suoi avversari e quindi ci ha chiesto espressamente di pensare ad una moto dedicata per sviluppare questo suo dono e poi applicarlo anche sul mercato. Perché chiaramente tutti gli specialisti del ciclocross, dal campione del mondo Tom Pidcock all'amatore, all'appassionato, si ritrovano a sollevare la bici caricandola sulle spalle. Da qui in poi tutto il processo di sviluppo ha fatto sì che il telaio assumesse una curvatura anatomica nel tubo orizzontale perché, tra l'OTHER, la bici viene sollevata solo sul lato destro perché sul lato sinistro c'è la guarnitura. Quindi abbiamo studiato la forma ergonomica del tubo orizzontale in modo tale che sollevare e appoggiare l'intera bici fosse molto comodo. Ed è stato bellissimo vedere Tom trionfare al campionato del mondo e proprio sulla scalinata del percorso del campionato sollevare questa bici e correre. Per me non toccava nemmeno terra, lo vedevi fluttuare. Quindi una soddisfazione enorme perché davvero da zero siamo arrivati ​​a vincere il mondiale, tra l'OTHER in un periodo molto complesso.

Bike-room: in conclusione emergono chiare sinergie tra questo approccio e la nostra visione. Mi riferisco a un'impresa con Pinarello, che parla direttamente a un atleta. È una grande azienda ma che segue davvero le esigenze specifiche di atleti e consumatori. Parliamo di valore quindi del valore tecnico ed emozionale di una bicicletta. Ecco, noi di Bike-room vogliamo preservare questo valore emozionale, ricondizionare le bici e rimetterle in vendita agli appassionati di tutto il mondo. Cosa ne pensi tu Maurizio di questa formula Bike-room?

Il mondo negli ultimi due anni è cambiato. Ce ne accorgiamo tutti da come lavoriamo e da come organizziamo il mondo del lavoro, dalle nostre giornate. Come utilizziamo di più il calendario, come evolvono i tempi e come lo smart working è diventato una realtà. Non solo in alcune aziende e in alcuni paesi, sto assistendo a un’evoluzione globale complessiva. Certamente Bike-room lo colloco all'interno di questa evoluzione del mondo. Un mondo nuovo, senza dimenticare quello vecchio perché ci ha portato fin qui. Dal mio punto di vista, auguro a tutti voi buona fortuna perché la sfida è sicuramente ardua, tuttavia credo fermamente che, poiché il mondo è cambiato, sicuramente anche il formato di Bike-room dovrebbe riflettersi in queste evoluzioni.

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